lunedì 31 gennaio 2011

Romagnolo lingua viva!

Il dialetto romagnolo è una lingua ancora viva, parlata tra i giovani, scritta da poeti e narratori che tuttora la mantengono moderna e pulsante, anche se dobbiamo ringraziare, prima di tutti, Federico Fellini per aver fatto conoscere il nostro dialetto con il suo capolavoro “A m'arcord” con le mitiche scene ambientate nel popolare quartiere di San Giuliano a Rimini.
Non è semplice per chi proviene da altre regioni distinguere la parlata romagnola da quella emiliana, ma anche capire se chi si ha davanti è un ravennate o un riminese!

Il romagnolo è molto orgoglioso dei propri natali e mal digerisce di essere confuso con un emiliano e forse è anche per questo che proliferano i movimenti autonomisti che vorrebbero la Romagna regione a sé stante!
Se non volete urtare la sensibilità di un romagnolo, sappiate che il nostro dialetto è quello parlato nelle performances comiche di Giacobazzi o di Paolo Cevoli, anche se pure qui occorrerebbe fare dei distinguo.

In ogni provincia romagnola il dialetto assume sfumature e cadenze diverse ed anche all'interno della stessa provincia spesso si fa distinzione tra accento della “bassa” (pianura) e accento cittadino oppure della collina.

Il dialetto forlivese o quelle cesenate che si parla nella zona appenninica risente maggiormente dell'influenza delle regioni confinanti (Toscana e Umbria), mentre nei paesi più vicini al mare è facile che la parlata abbia sfumature ravennati o riminesi.

La radice di questa lingua popolare deriva dalla dominazione francese avvenuta tra la fine del '700 e gli inizi dell'800.
Ed è per questo che alla mia prof di francese delle medie, quando faceva la spesa al mercato delle erbe, il venditore le rispondeva in dialetto romagnolo anche se lei aveva chiesto verdura e prezzo in francese!

Oggigiorno, in dialetto rimangono i soprannomi, che spesso finiscono anche sulle lapidi, le imprecazioni (tra le più note … “và in tè casen”), certa toponomastica ed i nomi dei ristoranti.
Nonostante una volta il fenomeno fosse più diffuso, sono ancora tanti i ristoranti e le osterie con il nome in dialetto, anche se oggi vanno per la maggiore i nomi esotici.
Molti di loro sono legati alla cucina tradizionale romagnola, come “E galet” a Colmano di Predappio, oppure il ristorante “Vecchio Lampione” di Forlì, che una volta era battezzato “Ustarì de lampion”, “A m'arcord a Forlì” anche'esso, “Lazaroun” a Santarcangelo di Romagna e molti altri.

Visto che le mie radici non sono propriamente romagnole, posso dire che riesco a decifrare il dialetto, ma non posso dirmi una conoscitrice della lingua, anche se apprezzo tutte le iniziative per mantenerlo in vita e parlato.
In Romagna sono molto amate le commedie dialettali e numerose sono le compagnie teatrali, anche dilettantistiche, che le mettono in scena, già questo basterebbe per non considerare il “romagnolo” una lingua morta!

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