Tratto da: contesti.eu
Quello solitamente indicato come il doppiocorpo di Pietro Piffetti, è un mobile molto particolare, per completezza artistica e per la varietà delle decorazioni che riporta. La scritta Petrus Piffetti Inve./ fecit et sculpsit/ Taurini 1738 posta sul centro del piano della ribalta ci consente una precisa collocazione temporale.
Il volume Secret de profession: le meravigliose invenzioni di Pietro Piffetti, fra il Palazzo del Quirinale e la Fondazione Accorsi di Torino di Arabella Cifani (Direttore Artistico della Fondazione Accorsi) e Franco Monetti, chiarisce altri aspetti e ricostruisce parte della storia di questo manufatto.
Il mobile, di proprietà della Fondazione Pietro Accorsi, creato come recita una grande iscrizione (Perpetuum nodis) per un matrimonio, in tutte le immagini finora decifrate che lo decorano sviluppa il tema. Le antine centrali presentano nel loro aprirsi un poetico decoro con il sole e la luna su fondo di azzurro oltremarino trapunto di stelle, a richiamare per noi un ancor segreto sponsale.
Il principio maschile-femminile sole-luna continua nel mobile con la presenza costante di Apollo e Diana. Tra le scene, spiccano iconografie inerenti ad un matrimonio - probabilmente quello di Alessandro e Rossana -, che si svolge davanti alla statua di Apollo citaredo. Il grande ovale centrale raffigura il sacrificio di Ifigenia dinnanzi alla statua della dea Diana. In altre placche d'avorio Apollo e Diana sono raffigurati entrambi in tenuta o ambiente di caccia.
Il mobile presenta poi quattro immagini tratte con varianti dall'Iconografia del Ripa sugli allora quattro continenti: l'Europa, donna regale con cornucopia e un tempio in mano e con alle sue spalle un cavallo; l'Asia, donna seduta su un cammello, con un mazzo di fiori in una mano ed un turibolo nell'altra; l'Africa, donna con uno scorpione in mano ed un leone; l'America, donna piumata e con frecce.
Due scene laterali del mobile derivano invece dalle Metamorfosi di Ovidio, incise dal Tempesta. Descrivono Apollo nella fucina di Vulcano e Alcione che supplica Giunone. La magnifica scena centrale sita nella parte bassa del mobile con Diana dormiente con accanto una ninfa e i suoi cani è una sorta di collage di immagini tratte dalla prestigiosa serie di incisioni che Cornelis Bloemaert e Giovanni Jacopo de Rubeis forgiarono, traendole dagli affreschi realizzati da Piero da Cortona per le sale di Venere e di Giove di Palazzo Pitti. Un particolare inedito è presente nella figura dell'Europa: ai suoi piedi sulla sinistra, sono visibili strumenti musicali, scalpelli, martelli, compassi e un minutissimo spartito di musica, che canta un ironico consiglio di Piffetti: Secret de profession non iudicat. Pastiche linguistico che può sciogliersi: non giudicate i segreti con cui lavoro, guardate al risultato. A Genova, nel 1966, Pietro Accorsi acquistò il mobile che custodì sempre gelosamente rifiutandosi di venderlo.
Recente oggetto di restauro da parte del Centro per la Conservazione e il Restauro "La Venaria Reale", il doppiocorpo di Piffetti è stato restituito in gran parte allo splendore originale ed esposto al pubblico durante il primo incontro del ciclo Conversazioni a Corte, all'interno della Cappella di Sant'Uberto alla Reggia di Venaria.
La Venaria, come ha sottolineato il Direttore Alberto Vanelli, é una struttura che, oltre a rappresentare un polo museale e culturale di grande rilievo, ha anche assunto un ruolo di riferimento per una cultura di più alto livello, dedicata a un approfondimento che coinvolge sopratutto gli esperti ma non per questo, riconoscendo il proprio compito di dedicarsi alla cultura popolare, non può non rendere partecipi i non addetti. L'inaugurazione del ciclo di incontri Conversazioni a Corte di venerdì 27 febbraio, ha così presentato il doppiocorpo di Piffetti, completamente restaurato, che per circa un mese - preso a prestito dalla Fondazione Accorsi - sarà esposto alla Reggia.
Ma il pubblico non soltanto ha potuto ammirare e osservare da vicino le caratteristiche di questo oggetto unico e particolare: in un ambiente particolarmente adatto come la Cappella, grazie anche ad interventi musicali di tre membri dell'Accademia Musicale del Santo Spirito di Torino che hanno eseguito brani di Alessandro Besozzi (contemporaneo e amico del Piffetti), ha assistito a una conversazione a cui sono intervenuti Arabella Cifani (Fondazione Pietro Accorsi), Alvar Gonzalez-Palacios (storico dell'arte), Carla Enrica Spantegati (Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico del Piemonte), Massimo Ravera (Centro per la Conservazione e il Restauto "La Venaria Reale") moderati da Andrea Merlotti dell'Ufficio Studi della Venaria Reale.
In un clima del tutto informale, lontano dalle trattazioni accademiche, sono emerse osservazioni di grande interesse. Non esistono documenti certi che ci permettano di tracciare una storia di questo oggetto, pertanto le uniche certezze su cui possiamo contare sono le caratteristiche di fattura e di stile che lo caratterizzano; non si può affermare ad esempio con sicurezza quale sia stata la committenza: Apollo e Diana, interpretati insieme al giorno e alla notte, fratello e sorella, poco si addicono a celebrare l'unione di due sposi.
Anche per quanto riguarda l'uso cui il mobile fu destinato, possiamo fare soltanto delle ipotesi. Poco adatto ad ospitare libri per lo spazio ridotto dei ripiani, anche la funzione di scrittoio pone alcuni interrogativi: il ripiano apribile rende difficoltoso scrivere se non restando in piedi. Non ultimo, come ha esordito lo storico dell'arte Gonzalez-Palacios durante uno dei suoi interventi, non si tratta di un doppio corpo, piuttoso di un Trumeau, per utilizzare impropriamente un termine francese dell'epoca.
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